Posted on 28 Set, 2015 by Aeris --- nessun commento

Film per famiglie: quando ci piacciono diventano inspiegabilmente per adulti; quando li troviamo stupidi si trasformano all’improvviso per bambini. Inside Out parla a tutti, ai figli così come ai loro genitori, e lo fa con una semplicità ed una efficacia francamente disarmanti. Inside Out è un capolavoro, e la cosa più sconvolgente è che bastano i primi cinque minuti per rendersene conto.

|| Titolo originale: Inside Out
|| Formato: CGI 3D e 2D
|| Genere: Animazione
|| Uscita USA: 19 Giugno 2015
|| Uscita Italiana: 16 Settembre 2015
|| Diretto da: Pete Docter, Ronaldo Del Carmen (co-director)
|| Scritto da: Meg LeFauve, Josh Cooley, Pete Docter
|| Musiche di: Michael Giacchino
|| Cast e altro: IMDb

Era il 1943 quando Walt Disney produsse Reason and Emotion, un corto di propaganda antinazista ambientato nella mente umana. Era la Disney di Walt, quella della Golden Age, di Fantasia, di Bambi, di Dumbo, di Pinocchio e di Biancaneve. La Disney dei cortometraggi e delle Silly Symphonies. Quella che, l’animazione, l’ha costruita, e quella a cui la Pixar si ispira per produrre i suoi capolavori. La formula è sempre la stessa: riuscire a parlarti di abbandono, cambiamento, perdita e diversità grazie ad un linguaggio semplice, a portata di tutti e mai pesante, con personaggi buffi e tante risate. Ed ecco che arriva Inside Out: un film che ci parla del rapporto che abbiamo con le nostre emozioni, con i nostri ricordi, e di come questi possano cambiare di percezione nel corso del tempo. Un film che riesce a mostrarci con una semplicità disarmante la nascita della malinconia e di come la tristezza non vada scacciata… ma abbracciata, compresa e vissuta. Ma è anche un film divertente, istruttivo ed intelligente; uno di quei film che riesce a lasciarti a bocca aperta da subito, sbattendoti in faccia la complessità dell’animo umano grazie a dei meccanismi incredibilmente semplici: emozioni antropomorfe, sfere colorate e isole della personalità. E tutto questo nei primi 5 minuti.

Riley ha 11 anni e ha lasciato i suoi amici, la sua squadra di hockey e le sue abitudini per trasferirsi dal Minnesota a San Francisco. Comprensibilmente le emozioni all’interno della sua mente iniziano a vivere momenti di panico, e Gioia, il sentimento predominante nella vita della bambina sino a quel momento, inizia a veder vacillare la sua leadership. In particolare Tristezza, stressata e spinta probabilmente dall’istinto, comincia a toccare dei ricordi felici, trasformandoli per sempre in qualcosa di triste e nostalgico. Per impedire a Tristezza di modificare per sempre anche i ricordi base, Gioia finirà per disperdersi con la stessa Tristezza nella memoria a lungo termine, lasciando il quartier generale in mano a Rabbia, Disgusto e Paura che, inevitabilmente, faranno cadere Riley in uno status di apatia, rendendola incapace di ridere o piangere. E’ qui che comincia il viaggio di Riley Gioia: la madre, il padre o anche l’amica che non vorrebbe mai vedere la propria figlia infelice. Solo questo semplicissimo incipit meriterebbe un tanto di cappello per l’efficacia con cui riesce a trasmetterci la fobia ed il desiderio di scacciare la tristezza dalla nostra vita, come se fosse un sentimento negativo, inutile o addirittura sbagliato. Un messaggio semplice, quasi banale, ma talmente radicato in ognuno di noi a tal punto dal renderlo difficile da realizzare e comprendere; un warning per la stessa società Americana, incapace di avere a che fare con la tristezza, dove una persona su cinque fa regolarmente uso di ansiolitici.

Ma Inside Out è anche un film sulla perdita, sull’accettare il cambiamento e l’andare avanti. In questo rispetta appieno la tradizione Pixar, ed è impossibile non accorgersi dei riferimenti a tutte le altre pellicole della Compagnia, come se Gioia passasse attraverso Marlin, Woody e naturalmente Carl; come se fosse un genitore apprensivo costretto a lasciare che la propria figlia abbia la possibilità di andare avanti, cambiare e trasformarsi. Non di meno, è anche una pellicola che ci insegna come le nostre emozioni vengano in qualche modo razionalizzate crescendo, e di come riescano a co-esistere nell’età adulta, a dispetto di quella infantile dove tendono ad essere in un certo senso più assolute, confusionarie e senza sfumature, riuscendo a passare dall’una all’altra nell’arco dello stesso minuto. Ed è il motivo per cui, molta della bellezza del film, la si deve a quelle poche finistre che si aprono anche sulle menti degli altri personaggi. Inside Out riesce a raccontare tutto questo in poco meno di 100 minuti, concludendo con estrema bellezza, semplicità e positività una storia sostanzialmente molto triste: l’accettazione della malinconia e la consapevolezza che molto di quello che un tempo era puramente felice, possa tramutarsi in qualcosa di triste e lontano. Un concetto facile, un’esperienza che viviamo tutti, e proprio per questo assomiglia molto ad un pugno piantato in pieno stomaco.

Per concludere: i bambini. In giro ho letto di tutto: dal “No, macché, non lo capiscono” al “Sì, sì, è adattissimo, lo capiranno senza problemi”. Lasciatemi dire, vi prego, che forse dovreste fare altro nella vita. Inside Out è un film per famiglie e, come tale, è adatto a tutti. Chiaramente un bambino di 5 anni leggerà nel film elementi diversi da uno di 11, così come un ragazzo di 17 ne leggerà altri rispetto ad un uomo di 30. D’altronde sono dell’idea che pure io riuscirò a capire quel grande capolavoro di UP solamente quando avrò 80 anni ed una vita alle spalle. Esistono pellicole che cambiano di percezione a seconda dell’età in cui le guardi: c’era un tempo in cui Mary Poppins era solamente un film su una tata fighissima, con un ombrello fighissimo ed una borsa fighissima, che ti faceva entrare all’interno di quadri fighissimi cantando canzoni fighissime. Ma a parlare è una che ha Bambi tra i film preferiti, e quindi è il caso di dire che, forse, molto normale non sono. A mia discolpa, pare che uno dei film più amati da Pete Docter sia Dumbo, ed è a questo punto che si capiscono un mucchio di cose.

Aeris (40 Post) Gira sul Web dall'inizio del nuovo millennio e da allora ha fatto un sacco di cose inutili. Legge tanto, tiene a mente tutto ma posta pochissimo, ecco perché non avete mai sentito parlare di lei. Dal 1990 continuano a chiederle quale sia il suo Cavaliere d'Oro preferito; quelle persone stanno ancora aspettando una risposta.

 

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