Posted on 10 Mag, 2016 by Aeris --- 2 commenti

Saint Seiya è una storia che, tra le altre cose, trabocca di legami. Alcuni molto espliciti, altri appena accennati. Gettati lì un po’ a caso per poi essere dimenticati dal manga, vengono spesso presi ed amplificati dall’anime. Quelli dei personaggi “secondari”, poi, arrivano sempre con grazia, sempre con discrezione. Non ti vengono vomitati addosso e forniscono lo stretto indispensabile per accendere una piccola scintilla che, nel migliore dei casi, ti porterai dietro con sofferenza ed insoddisfazione fino alla morte. Il sentimento predominante è quello dell’amicizia, quella disinteressata, pura ed autentica. Non c’è spazio per il romanticismo o la passione in Saint Seiya e, le rare volte che arriva, si trasforma in una devozione tale che risulta impossibile tracciarne i confini con l’amore. E’ il caso di Seiya e Saori, ma anche di Hilda e Siegfried, ad esempio. Ma la verità è che l’amore, quello romantico, spesso ci viene negato e soffocato. Tra le tantissime dichiarazioni di Kurumada senza senso solamente una mi è sempre sembrata splendida: “un Cavaliere non potrebbe mai legarsi in senso romantico a qualcuno. Se succedesse, la vita di quella persona diventerebbe più importante di quella della Dea Athena”. Ed è il motivo per cui Shiryu non fa altro che mettere da parte i propri sentimenti per Shunrei. Ma è anche la ragione che spinge Aiolos ad abbandonare Aiolia, in fondo. Ancora meglio: è il motivo per cui ogni Saint sarebbe disposto a dare la vita per i propri compagni, ma è anche la ragione primaria per cui scelgono di andare avanti sempre, anche a costo di sacrificare i propri affetti: perché Shun, per Athena, è disposto a perdere Ikki. L’intero Chapter Sanctuary di Hades ruota attorno a questo concetto. In tutta la Serie Classica c’è solamente un Cavaliere che rinuncia al suo ruolo di Saint per stare accanto a qualcuno ormai più importante di chiunque altro, ed è Orfeo. Ed è lampante. E’ lampante perché è diverso da chiunque altro.

Ikki e Shaka si incontrano nel volume 5 del manga.

LA GENESI: una delle prime cose che si scopre durante la lettura del manga – a parte i 100 figli, le Saint Card, la Cloth di Sagittarius moddata o l’imperdonabile assenza di Docrates, per intenderci – è che Shaka è il primo Cavaliere d’Oro a presentarsi come tale, un onore che durante la serializzazione su Shonen Jump (poi ci arriviamo) apparteneva a Milo, così come nell’anime. Il lieto evento avviene nel quinto numero del manga; facciamo un breve ripasso per tutti coloro che iniziano a leggere Saint Seiya soltanto a partire dal volume 7 (leggasi, entrata in scena dei Cavalieri d’Oro): siamo nei ricordi di Ikki – ormai sul finale dell’arco narrativo di Phoenix contro tutti – che finalmente riesce a conquistare la Cloth della Fenice sconfiggendo Jango, al tempo capo dei Black Saint (pensavate che quel coglione fosse un filler, vero? #einvece no!). Preso dal troppo entusiasmo, Ikki si autoproclama insuperabile, ed è proprio in questo momento che Shaka fa il suo trionfale ingresso sull’Isola Death Queen, non mancando di ridimensionare i deliri di onnipotenza di Ikki e paragonandolo a quello scimmiotto di Son Goku. Il Cavaliere della Vergine spiega di essere sull’Isola per punire Jango, e si dimostra sorpreso nello scoprire di aver fatto un viaggio a vuoto. I Black Cloth evidentemente erano delle mezze seghe, pensa, ed Ikki non ci sta: ancora furente per essere stato paragonato ad una scimmia, il Saint della Fenice attacca Shaka che, per tutta risposta, gli disintegra con nonchalance l’Armatura. Ikki è inerme e chiede a Shaka di infliggergli il colpo di grazia, ma il Cavaliere d’Oro gli risponde che non “vede” (tra virgolette, perché gli occhi di Shaka son sempre serrati, eh) malvagità nel suo sguardo e che il suo cuore, al contrario di quanto Phoenix stesso si ostini a negare, appartiene alla giustizia. Ridendo del dilemma interiore di Ikki, Shaka gira i tacchi e si allontana formulando una sinistra profezia: ti dimenticherai completamente di questo incontro. Sia il mio nome che la mia faccia scompariranno dai tuoi ricordi. Ma un giorno, quando ti troverai davanti a me come nemico, questo ricordo ti tornerà in mente riempiedoti di terrore.

A questo punto verrebbe quasi voglia di fare i complimenti a Kurumada per essere riuscito a pianificare una tale meraviglia con così largo anticipo, ma la realtà è un’altra: durante la serializzazione su Shonen Jump, queste sette pagine vennero pubblicate – come extra celebrativo – in coda al capitolo di quella che, a conti fatti, è la vera presentazione di Shaka: sul finale del settimo volume del manga, quando il Saint della Vergine interrompe il combattimento tra Arles!Saga ed Aiolia. Il capitolo venne quindi inserito a posteriori nel quinto tankobon della serie con uno scopo abbastanza preciso: farci credere che Kurumada avesse le idee chiare sin dall’inizio donarci sorpresa, paura ed aspettativa. Sorpresa per la rivelazione anticipata dei Cavalieri d’Oro. Paura per la loro devastante potenza. Aspettativa in vista del duello tra Ikki e Shaka, in realtà legati a doppio filo da ben prima del loro incontro ufficiale alla Sesta Casa.

Quello tra Shaka ed Ikki è un legame inizialmente sorretto da paura, timore e disorientamento. Nel manga viene largamente anticipato grazie ad un barbatrucco Kurumadiano di rara maestria; ma nell’anime – ormai in ritardo perché già impegnato negli archi narrativi di Docrates e Geist – verrà preso in consegna molto più avanti, a Scalata inoltrata, grazie ai due episodi Shiva ed Aghora, che da adesso chiameremo semplicemente Pavone e Loto perché manco i fan riescono a ricordarsi i nomi originali di ‘sti due minchioni.

Pavone e Loto, ecco, parliamone. No, non guardatemi così, giuro che sono seria.
Sì, sono due episodi orrendi. Sì, smorzano la frenesia della Scalata e vengono ricordati per essere i massimi esponenti dello “skippa avanti di due puntate, che queste le saltiamo senza passare dal via”. Sì, sono pure disegnati malissimo; il secondo, poi, è anche punito dalla matita di Mr. Kawai, che è l’unico altro nome che i fan riescono a ricordare dopo quello di Araki; per motivi opposti, peró. Tutto vero, tutto giusto, tutto esatto. Eppure rimangono due episodi fondamentali nell’economia dell’anime: presentano Shaka, anticipando il suo scontro con Ikki, e recuperando in un qualche modo gli eventi accaduti nel manga. Perché Shaka riesce a fare paura anche attraverso Pavone e Loto. Perché per fermare il Saint della Vergine si deve scomodare la stessa Athena. Perché giustificano l’improvviso arrivo di Ikki proprio alla Sesta Casa. Non da meno: è in questo episodio che Shaka dimostrerà per la prima volta la sua capacità di agire a distanza, restando svaccato alla Sesta Casa o in altre dimensioni. Capacità che persino Kurumada richiamerà durante la serie di Hades, intrappolando Saga & comp. alla Casa del Cancro.

E quindi sì, odiamoli pure, ‘sti due coglioni. Saltiamo con felicità i loro episodi, non meno di quanto già facciamo con gli scagnozzi di Geist Morgana, ma cerchiamo di non scordarci la loro funzione primaria: prepararci allo scontro tra Shaka ed Ikki, portandoci ai blocchi di partenza e ripristinando quel legame di paura e rassegnazione che ci aveva donato il manga, e che nell’anime non avremmo potuto avere.

Parla con questa!

LE DODICI CASE: Shaka e Ikki non si sopportano. Si detestano, anche se molto rispettosamente. Troppo diversi per andare d’accordo, impossibile trovare un punto d’incontro. Da una parte Shaka, sicuro delle sue convinzioni, irremovibile e dannatamente tranquillo. Dall’altra Ikki, che le sue convinzioni deve ancora trovarle, e Shaka la sa bene, questa cosa. Eppure Ikki non molla. Attacca, attacca, attacca. Si rialza, sempre, e a Shaka non va giù. Si spazientisce, inizia ad irritarsi. E il Saint della Vergine odia perdere la calma, non è da lui. Perché lui ti smonta sempre con molta educazione, bisogna ammetterlo. Per questo fa paura. E per questo Ikki non riesce a capirlo. Come può, un uomo così vicino agli Dei, non comprendere di essere dalla parte sbagliata? Come può essere così sicuro della bontà d’animo del Sacerdote? Lui, Shaka, che era riuscito a vedere la giustizia nel cuore di Ikki quando lui stesso non credeva potesse esserci? Fa paura, questa cosa, a Phoenix.

Ed è proprio la paura, il leitmotiv che accompagna il combattimento alla Sesta Casa. E’ questo, il sentimento che unisce Ikki e Shaka fin dall’inizio, ed è con tale terrore nel cuore che il Saint della Fenice affronta la battaglia nella Casa della Vergine. Una paura che, nel manga, si risveglia non appena Shaka rievoca il ricordo del loro primo incontro sull’Isola Death Queen; un sentimento che invece, nell’anime, si farà strada fin dentro le ossa di Ikki alla rivelazione che c’era proprio Shaka dietro a quella sensazione di prigionia che lo aveva incatenato sull’Isola di Kanon, durante lo scontro con Pavone e Loto. Questo terrore di smarrimento ed impotenza afferrerà anche il tempo: il cielo comincerà a piangere, e la statua di Athena con lui. Persino Mu, davanti al corpo di Saori, vacillerà sull’esito dell’impresa. La Sesta Casa segnerà davvero la fine della corsa, è nei pensieri di tutti, soprattutto di Saga(zzo) che, alle terme, festeggia a modo suo.

Ikki la conosce bene, la paura. Non è per lui un sentimento nuovo, eppure quella che prova con Shaka è diversa. Phoenix verrà preso a badilate sulle gengive da Saga, verrà nullificato da Siegfried e sbiancherà di fronte a Kanon, tuttavia – quella con Shaka – rimane probabilmente la battaglia più difficile di tutta la sua carriera. E non è l’idea di morire a spaventarlo, perché Ikki non ha paura di sacrificare la propria vita, ci è abituato, è piuttosto il pensiero di non riuscirci nemmeno che lo spiazza. Manco ammazzarsi funzionerebbe con Shaka, come fare? Per la Fenice è come trovarsi di fronte ad un muro. Un muro di sicurezza, di calma, di idee ben piantate. Una parete irremovibile, ferma sulle proprie decisioni, troppo sicura di sé per scalfirla. Puoi solo guardarlo, questo muro, ed aspettare che arrivi la fine. Inerme. E’ questo, il tipo di paura che incatena Ikki, ed è un sentimento che il Saint della Fenice proverà solamente qui, alla Sesta Casa. Un terrore che però sarà in grado di accogliere e di fare suo, imparando a controllarlo e riversandolo, infine, sul nemico. Sconfiggendolo per sempre. Perché sarà proprio la paura che decreterà la fine di questo Shaka, ed il motivo è molto banale: è un sentimento che il Cavaliere della Vergine non ha mai conosciuto e, come tale, non è in grado di gestirlo.

E mentre Ikki, piano piano, riesce a trasformare tutta la sua paura in sicurezza, potenza e consapevolezza, il terrore si impadronisce di Shaka, consumandolo e sgretolando tutte le sue certezze. Un bellissimo gioco di specchi, bisogna dirlo, perché è proprio la paura di aver sbagliato che manderà il Cavaliere di Virgo fuori di testa. E’ il pensiero che possa esistere qualcosa che non aveva compreso, afferrato o intuito che mina le sue certezze. E’ l’idea che qualcuno sia disposto a gettare la vita per una vittoria, che lo fa capitolare. E’ il dubbio che lentamente si annida nel suo cuore, che lo sconfigge; perché di incertezze, Shaka, non ne ha mai avute. Perché l’uomo più vicino agli Dei non può aver preso un granchio. E Shaka non ce la fa. Si spezza, salutandoci per sempre. Sì, per sempre, perché questo Shaka, quello che più adoro (lo so, sono l’unica al mondo, ma tant’è), non tornerà mai più. Ed è proprio questa, in realtà, la più grande vittoria di Ikki: non la sconfitta del nemico, non la salvezza dei compagni, di Shun o di Athena… ma l’aver cambiato Shaka. Per sempre. Dovremmo essergliene tutti quanti grati. Save Shaka, save the World.

E vedessi la Casa di Shura… Ah, no.

Si parla sempre, e giustamente, di quanto la Scalata sia formativa per i Bronze, e quanto sia stata fondamentale per la loro unione, ma raramente capita che la questione venga sottolineata anche per gli stessi Cavalieri d’Oro (anche loro – o almeno quelli ancora in vita – finalmente uniti); ed è un peccato, perché non sono da meno. Alcuni scontri, poi, non si riducono solamente ad una formazione di tipo combattivo, sfondano la parete e vanno oltre, lasciando un segno indelebile nei cuori di chi li ha giocati. E’ il caso di Shiryu e Shura, ad esempio, o di Shaka ed Ikki, per restare in tema. Nella maggior parte dei casi si tratta di un forte legame silente, incorniciato da un profondo sentimento di gratitudine reciproca che resterà sempre lì, tangibile nell’aria, senza il bisogno di dire o fare alcunché (anche se ci piacerebbe, lo so).

Shaka sarebbe potuto tornare dalla dimensione in cui era precipitato in qualsiasi momento, ‘sti cazzi, invece sceglie di piombare alla Sesta Casa portandosi dietro Ikki, mettendo da parte l’orgoglio e chiedendo l’aiuto di Mu. Salvare Ikki, adesso, è la cosa più importante: è fondamentale per Athena, per Seiya ed i suoi compagni. Ma è basilare anche per lo stesso Shaka, perché Ikki, in fondo, ha salvato il Saint di Virgo. E’ il suo modo per dire grazie, scusa, ho sbagliato. Ed è qui, in questo momento, che il loro legame si trasforma definitivamente, mutando per sempre in gratitudine e rispetto reciproco.

Guardatelo attentamente, il momento in cui Shaka  riporta a nuova vita l’Armatura della Fenice, perché quella non è l’ennesima resurrezione di Ikki, ma rappresenta la rinascita di Shaka. Uno Shaka più consapevole di se stesso e del mondo che lo avvolge, in grado di dubitare, cogliere i dettagli e proiettarsi in avanti. Uno Shaka finalmente caritatevole e, proprio per questo, ancora più letale, potente e pericoloso. Vivetelo a fondo, questo momento, tenetelo stretto e non lasciatelo andare, perché in un certo senso è anche un addio: Ikki e Shaka non saranno mai più così vicini.

Mettine poco, di sangue, altrimenti goddizza.

ASGARD: la realizzazione delle V2 è una delle scene che rimane più impressa della Saga di Asgard, e le ragioni sono principalmente due: primo, ci sono i Gold, e quindi è qualcosa di bello a prescindere; secondo, finalmente possiamo annotare nomi, cognomi e costellazioni dei colpevoli per lo spietato downgrade delle V1 anime; tipo che Milo e Mu, un lavoro peggiore, proprio non potevano farlo nemmeno impegnandosi (i gonnelli, I GONNELLI! Dove li avete messi? Tirateli fuori, tutti!). BTW, la distribuzione delle Armature si discosta un pochetto da quella del manga, e la ragione è da attribuire ad una questione di praticità, sostanzialmente, derivata dal diverso epilogo delle Dodici Case nell’anime. Il cambiamento più evidente e che tende a rimanere maggiormente impresso è Shaka che si occupa della Cloth della Fenice, lasciando ad Aldebaran quella di Andromeda.

Non penso ci sia bisogno di soffermarsi sul perché di questa scelta che, almeno simbolicamente, è totalmente azzeccata, bellissima e coerente (quella di Ikki e Shaka, eh); piuttosto credo sia importante sottolineare le probabili ragioni di tale cambiamento che, come detto, sono abbastanza pratiche. Nell’anime Ikki non viene smolecolato da Saga come invece accade nel manga, di conseguenza la sua Cloth potrebbe aver bisogno di una spintarella per evolvere (si fa per dire), oltre al fatto che nei 114 non si è mai seguito l’approccio del manga in tal senso, di conseguenza la sua Armatura – ogni volta che si disintegrava – tornava tale e quale a prima, senza alcuna modifica (come invece accade spesso nel fumetto). Lo so, i ricercatori della coerenza potrebbero fare opposizione ed affermare che la scelta sia concettualmente sbagliata, essendo la Cloth di Phoenix in grado di auto-rigenerarsi, ma vi prego di tenere in considerazione il contesto dell’anime che, in questo caso, è fondamentale anche per un’altra ragione: senza la Saga di Hades in vista, Ikki sarebbe stato l’unico sfigato a concludere il Chapter Poseidon (e quindi l’intero anime storico) senza Gold Cloth; il che sarebbe stato uno smacco non da poco, diciamocelo. E poi, ‘fanculo: Shaka che si occupa della Cloth di Ikki è bellissimo e basta.

Ammetto di avere qualche perplessità sulle proporzioni di quel braccio.

POSEIDON: e Kurumada lancia l’amo per l’Elysion ed il Next Dimension, consacrando Shaka ad angelo custode di Shun. Un gesto bellissimo, bisogna dirlo, come se il Cavaliere della Vergine continuasse ad avvertire un debito enorme nei confronti di Ikki e si sforzasse in tutti i modi di ripagarlo ancora e ancora. Quello tra Shaka e Shun, in effetti, è un legame che nasce essenzialmente per osmosi grazie all’immensa gratidune che il Saint di Virgo prova nei confronti di Phoenix e, a conti fatti, è una cosa molto bella e profonda; ed è l’unico motivo che mi permette di sopportare la vista di Shun con la Cloth della Vergine addosso, lo ammetto. Non tanto perché lo reputi indegno, sia chiaro, ma mi è sempre sembrata abbastanza evidente la disparità simbolica rispetto alle vestizioni di Hyoga, Shiryu e Seiya, tutte con un loro preciso percorso. Come se Kurumada si fosse svegliato all’ultimo momento, ritrovandosi con il lavoro a metà: ah, di che segno sono Ikki e Shun? Aspetta che prendo le schede tecniche, non ne sono mica convinto!… Il resto è storia, soprattutto Ikki che – nell’Elisio – indosserà una sfavillante Armatura del Leone. Tipo che sono abbastanza sicura che Ikki ed Aiolia non si siano mai scambiati mezza parola manco per sbaglio in tutta la serie e, Kurumada, è inutile che tenti di pezzarla adesso con il Next Dimension. Ikki doveva indossare lo Scafandro di Gemini. End.of.story.

Nel dizionario, alla voce ‘bellezza’, trovate questa immagine.

CHAPTER SANCTUARY: e arriviamo alla morte di Athena. Cosa ci dice il gesto di Ikki? Cosa vuole comunicarci? Dolore, certo. Disperazione, anche. L’intera sequenza parla di questo, continuando a mettere in evidenza le diverse reazioni di tutti alla tragedia: vicinanza tra Dohko e Sion, rottura tra Milo e Camus. E Ikki? Perché questi pochi secondi riescono ad essere così incisivi? Perché condensano in un attimo tutta l’essenza del rapporto tra il Saint delle Vergine e quello della Fenice. Perché Ikki ci sta dicendo: grazie, non lo scorderó, ora ci penso io, non sarà inutile. E quello che destabilizza è proprio che sia Ikki a farlo.

Perché Ikki non si scomoda per onorare nessuno, nemmeno la stessa Athena. Perché Ikki non combatte spinto da un’ideale utopico di giustizia come Seiya, o per una cotta sfavillante per Saori. No, lui combatte perché è consapevole che farlo – per Athena – sia l’unica soluzione per risparmiare sofferenze a persone come Esmeralda e Shun, gli esseri più importanti della sua vita, e Shaka – forgiando la Cloth di Andromeda – lo aveva compreso.

È una sequenza meravigliosa che chiude il cerchio aperto al Tempio di Virgo, facendo da specchio a quello che, in fondo, resta il loro addio alla Sesta Casa: se un tempo era stato Shaka a liberare le ceneri di Phoenix per ridargli nuova vita, adesso è Ikki che getta quelle di Virgo sugli Alberi Gemelli. E lo fa con rabbia, guardandole e stringendole nella propria mano, come se in quell’attimo fosse condensato il loro intero percorso. D’altronde ho sempre pensato che Ikki e Shaka fossero molto simili. Non sul piano caratteriale, precisiamo, ma piuttosto su quello autoriale. Entrambi sono i due solitari, i due che vengono calati da Kurumada e dalla storia quando il gioco diventa troppo pesante. Sono entrambi due individualisti, anche se per ragioni diverse, con Ikki che si auto-esclude, e Shaka che spinge gli altri a farlo, involontariamente, come se tutti provassero soggezione di lui.

Questo momento ci racconta, in breve, quanto i due si fossero in realtà compresi senza dirsi nulla, molto di più di quanto non siano riusciti a fare tanti altri, perché a volte mi ritrovo a pensare che nemmeno Shun riuscirà a comprendere Ikki così a fondo. Il sipario cala ma, a differenza di Milo e Camus, qui ci troviamo davanti a qualcosa di bellissimo, nato e consumato davanti ai nostri occhi. Pochi attimi, poche parole, ma l’effetto che si lascia dietro è di una potenza disarmante, e mi ricorda perché io li ami così tanto.

Aeris (40 Post) Gira sul Web dall'inizio del nuovo millennio e da allora ha fatto un sacco di cose inutili. Legge tanto, tiene a mente tutto ma posta pochissimo, ecco perché non avete mai sentito parlare di lei. Dal 1990 continuano a chiederle quale sia il suo Cavaliere d'Oro preferito; quelle persone stanno ancora aspettando una risposta.

 

2 Responses so far.

  1. Diego ha detto:

    Le tue analisi sui rapporti fra i nostri amati Saints sono davvero molto belle. Grazie per averle postate.

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