Posted on 15 Giu, 2013 by Aeris --- 4 commenti

Prima di iniziare, tenete presente un paio, anzi tre, punti:

  • Se avete amato o semplicemente gradito lo Star Trek del 2009, saltate pure questo primo paragrafo e correte dritti alla recensione. Oppure leggetelo, così da farmi una standing ovation nei commenti o su Facebook.
  • Se siete dei Trekker scettici, ma comunque ben disposti ad accettare un’altra visione di questa saga, allora vi conviene dare un’occhiata all’introduzione che vi lascio qui sotto in modo che possiate leggere la recensione tenendo presente un paio di punti fondamentali.
  • Se vi ha fatto schifo e/o avete odiato il primo film perché quasi sicuramente siete dei Trekker conservatori, allora avete due possibilità: leggere comunque l’introduzione cercando di capire quello che cerco di dirvi, oppure andarvene perché di buone notizie non ne avrete. Lunga vita e prosperità.

Introduzione, o anche “ehi, ma è logico”

Non sono una Trekker, e questo voglio che sia chiaro fin da subito. Una delle cose che non mi stancherò mai di ripetere nel corso della mia vita è che un film va, o meglio andrebbe, valutato come prodotto in quanto tale. Analizzarlo in base all’opera originale da cui prende spunto è profondamente sbagliato; un film può essere meraviglioso anche se non c’entra un emerito cavolo con il lavoro originale e se in comune con questo ha solo il nome. Possiamo stare qui a sindacare sul dispiacere che abbiamo avuto nel non vedere trasposta come desideravamo un’opera che amavamo particolarmente o sul rispetto verso l’autore/ideatore originale, ma sono tutti discorsi a parte. Io sono assolutamente certa che questo reboot di Star Trek non abbia lo stesso spirito della serie televisiva e che alcuni personaggi siano molto lontani da quelli originali, ma diverso non vuol dire brutto, e non vuol dire nemmeno peggiore o migliore. Vuol dire diverso, e basta. Poi, chiaramente, si può preferire l’una o l’altra cosa. Io, ad esempio, adoro la saga di Harry Potter e nei film mi hanno violentato il personaggio di Silente snaturandolo da ogni punto di vista, eppure, dai, sono tutti bei film (a parte Il Calice di Fuoco, okey). Gli esempi sono molteplici e non ho intenzione di stare qui a farvi l’elenco di tutte le trasposizioni che potrei porre alla vostra attenzione, ma tenetelo sempre presente. E non ditemi “Ma allora chiamalo con un altro nome” perché non posso essere io quella che deve spiegarvi che il cinema è arte ma anche e soprattutto business; d’altronde Michelangelo, la Cappella Sistina, mica l’ha dipinta gratis. Gusto?

Detto questo (e prima o poi ci scriverò una pagina a mo’ di memo), veniamo a Star Trek. Non ho mai seguito la serie televisiva, e non perché non mi piacesse, sia chiaro. Ero semplicemente molto più interessata a spararmi una vagonata di cartoni animati piuttosto che seguire le avventure dell’Enterprise e del suo equipaggio. Tra l’altro è un mio grande rammarico quello di aver visto solamente episodi sporadici dato che lo sci-fi potrebbe essere considerato il mio genere preferito… Ma che volete farci? Da bambini si fanno cose sceme, ed io ero stupidamente convinta che guardare Star Trek sarebbe stato come fare un dispetto a Star Wars. Un giorno lo recupererò, così almeno potrò capire tutte le citazioni che sicuramente mi sono persa in questo reboot, dato che non vado oltre a quelle che sono diventate parte della cultura popolare.

Ad ogni modo, vorrei ricordare una piccola cosa a tutti i Trekker che ancora adesso continuano a dire che questo nuovo Spock non c’entra nulla con l’originale di Nimoy. Ragazzi, flash-news: sono diversi perché non sono la stessa persona. Il fatto che questo Star Trek sia ambientato in un universo alternativo che non va in alcun modo ad intaccare la continuity dell’opera originale, dovrebbe essere la manna dal cielo per ogni Trekkie che si rispetti. Kirk è diverso perché non ha mai conosciuto suo padre. Spock prova più emozioni di quelle che dovrebbe provare perché, oltre alla madre che gli muore davanti, gli è anche esploso Vulcano in faccia. Se sono le esperienze di vita quelle che formano il nostro carattere, è assolutamente logico che personaggi che ne hanno avute di diverse siano tali in questa nuova linea temporale. E’ un concetto che viene rimarcato bene nel primo film e che vi verrà ricordato (in uno splendido modo) anche nel secondo. In più, vi aggiungo una piccola nota personale: non sono solamente le nostre esperienze di vita a forgiarci, lo sono anche i rapporti che si instaurano con le persone. Da questo ne consegue che l’intero equipaggio dell’Enterprise si deve relazionare con un Capitano ed un Primo Ucciale differenti da quelli della timeline originale. Questo porta delle piccole (o grandi) modifiche anche sulle personalità di Scotty & comp. La stessa cosa vale anche per l’intera Flotta Stellare: se nel primo Star Trek abbiamo visto saltare in aria la U.S.S. Kelvin, è naturale che all’interno della Federazione stessa ci siano stati dei cambiamenti, per quanto magari piccoli ed all’apparenza insignificanti. E’ su questa base che si poggia l’intero reboot, e se non riuscite a capirla non potrete mai riuscire a godervelo come invece meriterebbe. Si chiama Effetto Farfalla.

Di più non so davvero che dirvi, sul serio. Se fossi una Trekker, io sarei davvero entusiasta del lavoro fatto da J.J. Abrams & comp. Sarei immensamente felice nel rivedere la saga ed i suoi personaggi sotto una luce diversa ma in qualche modo ancora uguale, e che questa luce, per di più, abbia una spiegazione assolutamente logica. Okey, non conosco dettagli che magari sono stati cambiati anche nell’universo originale e che possono in qualche modo avervi infastidito, ma sapete che faccio a questo riguardo? Ne lascio parlare a voi mentre io, il resto del mondo e tutti i Trekker che hanno capito ci godiamo la bellezza di questo nuovo e diverso universo. Quando uscirà Star Wars – Episodio VII, magari tornerete su queste pagine e vedrete la sottoscrittà sommergere J.J. Abrams di insulti, ma per ora io lo applaudo e basta.

Recensione o anche “fuck, yeah”

Grazie, J.J., come riesci a fare pubblicità virale tu, non ci riesce nessuno. Negli 800 trailer che sono stati rilasciati non si vedeva altro che azione, gente che correva e roba che esplodeva. Come al solito hai glissato su quello che era il cuore del film perché Into Darkness non è assolutamente ciò che ti aspetti. Dimmi la verità: tu non avresti mai compiuto l’insano gesto di far vedere la spada doppia di Darth Maul già nel trailer, vero? Lucas, coglione.

|| Titolo originale: Star Trek – Into Darkness
|| Formato: 3D e 2D
|| Genere: Sci-Fi, action, adventure
|| Uscita USA: 16 Maggio 2013
|| Uscita Italiana: 12 Giugno 2013
|| Diretto da: J.J. Abrams
|| Scritto da: Roberto Orci, Alex Kurtzman, Damon Lindelof
|| Musiche di: Michael Giacchino
|| Cast e altro: IMDb

Chi mi conosce, vale a dire tutti coloro che hanno avuto modo di parlarmi per più di due secondi, sa benissimo quanto la sottoscritta adori LOST. Da qui scatta erroneamente la conclusione che anche il mio amore per J.J. Abrams derivi da questo. Sbagliato, per due ragioni: la prima è che il contributo di Abrams verso LOST si è limitato alla prima stagione (e nemmeno tutta); la seconda è che è nato con Star Trek. Il nome di Abrams è ormai diventato, a torto, sinonimo di misterioso, complicato, oscuro e lens flare. Tolta l’indubbia verità sull’ultimo termine, la realtà dei fatti è che l’Abrams cinematografico non è assolutamente nulla di tutto questo. Chi lo sostiene, lo fa perché non riesce a scrollarsi di dosso l’idea dell’Abrams televisivo che in realtà non ricopre ruoli davvero importanti dai tempi di Alias e Felicity. Sul grande schermo è un regista molto lineare che non ama perdersi in trame troppo elaborate. Preferisce concentrarsi sui personaggi che ha a disposizione facendo roteare la storia attorno a loro, e non viceversa. Chi ha visto Super 8, sa benissimo a cosa mi riferisco. Per inquadrare bene lo spirito di questo regista è necessario tenere a mente quel film, in quanto è lì che si vede davvero la sua essenza. In questa splendida conferenza fatta in tempi non sospetti, Abrams spiega il suo modo di fare cinema, un modo che, ormai è inutile dirlo, riprende il metodo Spielberg di cui J.J. è, attualmente, il massimo esponente. L’unica differenza, con l’eccezione di Super 8, è che Abrams non ha avuto ancora modo di fare qualcosa di veramente suo, in quanto non fanno altro che affidargli reboot e rilanci di saghe pre-costruite. Prendetevi 20 minuti e guardate la sua conferenza, è splendida… Soprattutto perché magari vi immaginate Abrams come un tipo serioso circondato da un’aura di mistero. In realtà è un fottutissimo nerd che non riesce a stare zitto e fermo. Conoscere il modo di fare cinema di un regista è indispensabile per capire cosa aspettarsi quando si va a vedere un film. Sarebbe stupido andare a vedere un film di Michael Bay e credere che almeno mezz’ora della pellicola non sia dedicata ad esplosioni, allo stesso modo toglietevi dalla testa l’idea che davanti ad un film di Abrams ci si debba aspettare una trama intricata, piena di plot twist ad ogni angolo. Quello che invece avremo sarà un popcorn movie scorrevole, mai pesante o pretenzioso di insegnarvi qualcosa, pieno di sentimento con personaggi sempre in primo piano, tanto che a volte della trama quasi non te ne frega nulla. L’effetto che fa Into Darkness è esattamente questo.

Into Darkness è un film drammaticamente onesto e sincero sin dal primo minuto. Se nel 2009 avevamo assistito alla formazione dell’equipaggio dell’Enterprise grazie soprattutto ad un Leonard Nimoy nelle vesti di Deus ex machina, in questo sequel la telecamera è puntata sulle relazioni e le difficoltà di convivenza che emergono in questa grande famiglia a distanza di un anno circa dalla sua nascita. Verso la fine del primo capitolo, Kirk diceva a Spock “Cominciamo a conoscerci”… ecco, si sono conosciuti, non è cambiato nulla e l’esasperazione regna sovrana. Into Darkness parla di questo. Mette in primo piano i battibecchi tra il Capitano ed il Primo Ufficiale dell’Enterprise esattamente come fece il suo predecessore, con la sostanziale differenza che qualcosa adesso è cambiato. Non si tratta più di convivere come un normale equipaggio, si tratta di essere una famiglia e, come tale, si pretende il bene dei suoi membri ancor prima della riuscita di qualsivoglia missione. Ed ecco che ogni litigio ed incomprensione, lentamente, si sposta sul piano personale diventando sempre più ingombrante, fastidiosa ed inammissibile. E’ attorno a questo tema che viene sviluppata la trama ed ogni singolo evento ha la precisa funzione di scuotere l’equipaggio, distruggerlo, cambiarlo ed unirlo davvero attraverso scelte giuste e sbagliate. Il tutto grazie all’evocazione di atmosfere ed immagini visivamente potenti, a musiche epiche, a dialoghi brillanti mai fuori posto, finendo con un saluto Vulcaniano che spezza il cuore di chiunque ne possieda uno. E se non lo avete, ve lo crea solo per il gusto di frantumarlo subito.

Intorno agli scontri ed alle scelte di Kirk e Spock, la trama prende la sua forma presentandoci il villain che da solo vale il prezzo del biglietto. Signori, Benedict “Sherlock” Cumberbatch non aveva certo bisogno di Star Trek per dimostrare il suo talento, ma diciamoci la verità: ad ogni attore serve il blockbuster per trovare la propria affermazione nel mondo. L’interpretazione del suo John Harrison è credibile, buca lo schermo e saresti pronto a tifare per lui se non fosse che arriva un momento in cui proprio non puoi fare a meno di pensare “Adesso va e riempilo di botte”. Non delude davvero nessuno in questo cast che si conferma essere davvero ben assemblato, rodato e pronto per il terzo giro. Si ha anche la fortissima sensazione che l’intera squadra abbia scambiato la plancia dell’Enterprise per il salotto di casa, tanto che ad un certo punto ti viene da credere sul serio che le dichiarazioni di Chris Pine riguardo al rapimento di Abrams, nel caso non girasse il terzo capitolo, siano da prendere seriamente in considerazione. Nessuno di questi personaggi è messo in ombra e, durante il film, ognuno di loro trova la sua giusta dimensione e l’esatto momento per dire la sua. Inutile dire che, su tutti, brillano loro: Kirk e Spock. Lasciatemi ripetere, vi prego, che la bellezza di questo film si basa sostanzialmente sul rapporto che mettono in scena questi due personaggi. Il modo in cui si evolve il loro rapporto è dannatamente perfetto. Se nel primo film avevano semplicemente imparato a sopportarsi, qui viene mostrato il livello successivo: “un’amicizia che vi completerà entrambi, in un modo che ora non potete comprendere”, diceva Nimoy sul finale del primo film, e così è stato.

In mezzo a tutta questa bellezza c’è anche spazio per una storia, sapete? Sarò franca e vi dirò subito che non siamo assolutamente all’altezza del plot del primo film che, nel complesso, trovo resti superiore. Into Darkess ci fa dono di una trama molto più semplice, non riserva sorprese particolari, è un omaggio continuo ad Indiana Jones e Star Wars e tutti i colpi di scena che ci vengono mostrati sono talmente telefonati che non me la sento nemmeno di definirli come tali. Anzi, sono così prevedibili che non nego di aver avuto la sensazione che sia stato fatto apposta. Non mancano nemmeno situazioni ai limiti dell’assurdo, così irreali e senza senso che riuscirebbero a far sembrare veritiere le acrobazie di cui ci ha fatto dono Vin Diesel nell’ultimo Fast & Furious. Bisogna comunque ricordarsi che stiamo parlando di un popcorn movie la cui unica pretesa è quella di farti stare due ore davanti ad uno schermo, sgranocchiando schifezze, chiedendoti solamente di non dormire. Okey, missione compiuta. Non ci sono idee nuove, non ci sono insegnamenti e nemmeno particolari figaggini… ma c’è sentimento, epicità, scene d’azione mai esasperanti (Bay, dove sei?) e tanta ironia che non risulta mai fuori posto. Ad avercene di film così. Per quel che mi riguarda, Abrams ha ormai largamente dimostrato di essere il regista perfetto quando si tratta di prendere in mano le redini di franchise caduti nel dimenticatoio; quello che gli auguro, adesso, è di riuscire a creare qualcosa di realmente suo in modo che possa trovare una propria identità. Prima di questo, però, ti affido Star Wars. Fanne ciò che vuoi.

Spoilers! Notes! What the fuck! Oh my God!

– Da sottolineare l’ottimo lavoro del doppiatore Simone D’Andrea che ha avuto l’ingrato compito di prestare la sua voce a Cumberbatch. Chi ha visto Sherlock in lingua originale, o conosce semplicemente la voce dell’attore, sa benissimo quanto possa essere spiazzante sentirlo parlare. Della serie che tu vedi questo bel faccino pulito ed esile e poi, niente: dalla sua bocca esce Satana. D’Andrea è stato davvero eccezionale in quanto è riuscito ad unire il suo timbro delicato che ben si presta alle fattezze dell’attore, modificandone la profondità. Risultato: talmente perfetto che non esiterei un istante ad usarlo anche in Sherlock al posto di Pezzulli.

– Il film si apre con un chiaro omaggio ai Predatori dell’arca perduta. E c’è anche una palese citazione dell’Ultima Crociata. Se l’avete notata vi offro un caffè.

– Frase chiave “Vorrei strappargli quella frangetta dalla fronte”. Ho riso per mezz’ora.

– Il saluto Vulcaniano tra Spock e Kirk mi ha uccisa. Nonostante sapessi che non poteva davvero morire, ho avuto un momento di completa ed assoluta immedesimazione con Spock. Ci ho creduto come ci stava credendo lui. E poi quell’urlo mi ha ammazzata, di nuovo.

– Il termine giusto per descrivere il rapporto che questi Spock e Kirk mostrano in questa nuova versione della saga è bromance e, chi mi conosce, sa benissimo quanto mi faccia impazzire. Ogni connotazione ti tipo amoroso/sessuale che le fangirls ci ficcano dentro non è nemmeno degna di essere presa in considerazione. Sminuire e banalizzare un tale rapporto inserendoci un concetto banale e scontato come l’amore classico è semplicemente una bestemmia. Lo dico perché mi capita tutti i giorni, da 13 anni, con Saint Seiya.

– Benedict Cumberbatch che piange è da standing ovation. Avrei tanto voluto che si unisse all’equipaggio dell’Enterprise. Sento che sarebbe stato divertente avere in squadra uno così.

– Spock che parla nuovamente con il suo alter ego non me lo aspettavo, lo ammetto. Il fatto che questo nuovo Star Trek dialoghi tranquillamente con la serie originale ha qualcosa di geniale.

– L’Enterprise viene raggiunto mentre è in curvatura… e fin qui, okey. Ma mi ha fatto stramazzare al suolo il fatto che l’astronave avversaria gli riesca a sparare contro. Secondo questo principio, dunque, i laser sono ancora più veloci della curvatura stessa. Meraviglioso.

– Senza prendersi sul serio, Into Darkness riesce a fare in cinque minuti quello che Prometheus ha provato a spiegarti per due ore.

– Potrei stare ad ascoltare le metafore di McCoy per tutta la vita.

– Ricordatemi di non far arrabbiare mai, in nessun caso, Sulu.

Aeris (40 Post) Gira sul Web dall'inizio del nuovo millennio e da allora ha fatto un sacco di cose inutili. Legge tanto, tiene a mente tutto ma posta pochissimo, ecco perché non avete mai sentito parlare di lei. Dal 1990 continuano a chiederle quale sia il suo Cavaliere d'Oro preferito; quelle persone stanno ancora aspettando una risposta.

Categories: Recensioni Film

 

4 Responses so far.

  1. Sabry Chan ha detto:

    L’ho visto ieri.
    Film meraviglioso. Mi sono divertita tantissimo e non mi aspettavo proprio che ad un certo punto ci fosse una tale virata verso il sentimento. Sono rimasta spiazzata. Una scena del genere in tantissimi film sarebbe potuta risultare quasi comica o trash, qui invece… boh, è stato stupendo. La cosa strana, come hai detto anche tu, è che era assolutamente evidente che Kirk non sarebbe potuto davvero morire. Non ci credi neppure per un attimo. Quella scena ti fa star male perché riesce a convincerti dei sentimenti di Spock. Meravigliosa, davvero.

    Sono tentatissima di iniziare a recuperare Lost. Che dici?

  2. Aeris ha detto:

    Sono felice che ti sia piaciuto. YEP YEP! Non vedo l’ora per Star Wars, accidenti.

    Per Lost, guarda. Abrams di Lost ha curato solo la prima stagione (e nemmeno tutta). Ha diretto e scritto il Pilot, ha dato “l’impronta” all’intera stagione e se ne è andato. Ha continuato a produrla, ma il suo contributo è finito lì. Non ha più fatto da Showrunner… quindi i meriti di Abrams su Lost convergono tutti nella prima stagione.
    Lo voglio sottolineare perché su questo argomento in giro per la rete c’è sempre pochissima chiarezza.

    Chiaramente tutti si sono innamorati di Lost con la prima stagione; quindi il merito del BOOM è da imputare a lui… ma se poi lo show è meraviglioso, è merito di quelli che hanno fatto le 5 stagioni successive.

    Sul blog c’è un articolo, leggilo se vuoi. Così ti fai un’idea.

    Cmq… Sì, sì e sì. LOST va visto.

  3. Aldebaran ha detto:

    Dirò solo una cosa, molto semplice:
    Nolan e Snyder dovrebbero farsi dare qualche ripetizione da J.J., e Zimmer da Michael Giacchino.
    Film come deve essere fatto, cazzo. Grandissima gestione narrativa degli effetti speciali e caratterizzazione dei personaggi, in un contesto scandito da musiche epiche.
    Grazie, JJ.

  4. Simopi ha detto:

    A me infastidiscono tutti i reboots, sembra che non abbiano più idee per produrre delle cose nuove, originali. In Star Wars ad esempio stanno ANDANDO AVANTI con la storia, perché questo JJ non ha preso Star Trek e l’ha continuato? Poteva formare un nuovo equipaggio a un secolo da Picard… magari con questi attori. Oppure una storia parallela come succede con Voyager, che è contemporaneo a Picard e Deep Space 9.

    Potrei dire lo stesso per Spiderman e Batman, per Hulk: dai rispieghiamo per la millesima volta che Parker viene punto da un ragno e tadaaan, diventa Spiderman. Lo sappiamo, lo sappiamo… ;)

Leave a Reply to Aldebaran